Ascolta il Podcast: 3Motivi irresistibili per (non) andare dallo Psicologo
Perchè si va dallo psicologo?
Perchè intraprendere un percorso di Psicoterapia?
Di articoli che parlano dei motivi per andare in analisi ne leggo spesso e mi lasciano molto perplesso sul “buon uso della psicologia”.
Questo perchè non si comprende mai abbastanza quanto l’andare in psicoterapia non riguardi una scelta razionale e oggettiva ma ha molto a che fare con motivazioni inconsce.
Oggi però invece vorrei parlarvi di alcuni buoni motivi per
“Non andare dallo Psicologo”
Vediamone tre in particolare.
1) Si va dallo psicologo per sfogarsi
2) Si va dallo psicologo per ricevere consigli
3) Si va dallo psicologo per curare una patologia.
A mio avviso, tutti e tre i motivi sopra descritti risultano molto diffusi (anche senza chiamare in causa le Rappresentazioni Sociali di Sergè Moscovicì) ma anche molto inconcludenti. Vediamo perchè.
“Vado dallo psicologo per sfogarmi e tirare fuori quello che ho dentro”
La psicoterapia in questo caso viene visto come un confessionale dove posso raccontare di tutte quelle situazioni che mi creano sofferenze o emozioni spiacevoli di cui liberarmi in maniera più o meno definitiva.
Perchè non mi convince assolutamente?
Quando viene qualcuno nel mio studio sicuramente ha tanti vissuti emozionali a cui dare voce e da riorganizzare.
Possono ad esempio riguardare il modo in cui si vede (non mi piace come sono fatto, non sopporto certe parti di me o non accetto certe emozioni).
Eppure, da qua a dire che la psicoterapia serve come luogo dove sputare il rospo e liberarsi la coscienza da certi “cattivi pensieri”, ne passa di acqua.
D’altronde se fosse questo il motivo per andare in analisi, una persona potrebbe tranquillamente mettersi davanti ad uno specchio o rivolgersi ad un buon amico che lo ascolti.
Ed allora qual’è la differenza? Perchè pagare qualcuno per lamentarsi delle proprie sofferenze?
“In realtà la psicoterapia ha a che fare con la spazzatura e con il riciclo”
So che può sembrare strano ma chi fa lo psicologo tratta tutte quelle emozioni che una persona considera “negative”, che vorrebbe volentieri eliminare, buttare via per sempre.
Lo psicoterapeuta invece aiuta nell’arte del riciclo delle emozioni spazzatura
Aiuta il paziente a rivederle sotto un’altra ottica rispondendo a una domanda importante: come riciclare e riutilizzare quelle emozioni da buttare fuori per valorizzarle e costruire cose importanti e utili.
E allora la paura o la rabbia diventano aspetti importanti da capire e talvolta si trasformano in buoni amici da ascoltare, buone compagne di viaggio che ci raccontano storie importanti su di noi.
Seconda motivazione:
“Vado dallo psicologo per riceve consigli e farmi dire come devo comportarmi”
Questa fantasia relazionale è importante da tener conto. Se vado dallo psicologo per farmi dire come affrontare certe cose sto delegando ad un altro la mia vita. Gli sto chiedendo di trattarmi da bimbo a cui indicare la dritta via da seguire.
Eppure solitamente l’analisi è sempre un’analisi che avviene tra due adulti (ovviamente c’è anche l’analisi per l’età evolutiva, ma è tutt’altra storia).
Certo, in analisi si possono analizzare le proprie fantasie infantilizzate ma sostanzialmente si tratta sempre di un lavoro di collaborazione tra due adulti.
Peraltro se volete consigli nel mondo non avete che l’imbarazzo della scelta.
Troverete vagonate di persone, a partira dalla zia di famiglia, a chi si sente psicologo dalla nascita, pronta a dirvi cosa è meglio fare, in ogni situazione (e anche gratuitamente).
Uno psicologo competente sa invece per certo che il paziente ha tutte le carte in regola per pensare alle proprie emozioni e dargli un senso, una direzione utile.
Non vi dirà mai “prendi questa strada o quella strada” ma vi chiederà sempre voi cosa ne pensate, per far sì che voi siate il protagonista della vostra storia personale.
Infine prendiamo in esame la terza motivazione:
“Vado dallo psicologo per farmi curare”
Questa nonostante sia l’ultima nell’elenco è la più insidiosa.
Vado dallo psicologo per curare l’ansia, il panico, la depressione, le ossessioni e chi più ne ha più ne metta.
I vari DSM ovvero manuali diagnostici di psichiatria elencano centinaia di “malattie psicologiche”.
Si tratta di un approccio dove la conclusione è scontata!
Vado, ad esempio, in psicoterapia per curare l’ansia che mi assilla ogni volta che parlo con qualcuno e finisce quando l’ansia è scomparsa.
Eppure i termini cura, malattia, sintomi, disturbi sono termini puramente metaforici.
Le emozioni non sono mai malattie da eliminare o sintomi da curare.
Si va in psicoterapia per capire come diventare competenti nelle relazioni affettive, per migliorare la propria capacità a con-vivere con gli altri e con se stessi.
Pensare che la psicoterapia sia la cura delle patologie psicologiche risulta essere la solita fuffa psicologica inutilizzabile che non permette di capirci nulla della vita emotiva delle persone
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Dottore, trovo i suoi post mai banali e scontati … peccato che io sia a 500 km di distanza sa lei
Buonasera Dr. Marco Ventola, l’arte del riciclo delle emozioni spazzatura può dunque aiutarci a comprendere in che modo di affrontiamo le situazioni e magari può mettere in luce un reiterarsi di comportamenti rispetto a determinati eventi? Questo può essere utile a mettere in opera un’analisi introspettiva che ci permette infine di conoscerci meglio?
E come possiamo imparare a gestire meglio le emozioni negative sempre che vadano gestite…grazie.
Il senso comune ci dice che esistono le emozioni positive ( basti pensare alla felicità tanto agognata) ed emozioni negative (rabbia, tristezza..). È sempre il senso comune ci dice che le emozioni negative vanno eliminate o controllate o gestite. Se provo felicità nessuno mi dirà che dovrei provare a gestirle! Eppure l’idea che ci siano emozioni per così dire “scomode”, che vanno eliminate o arginate è una fantasia dettata dalla paura. Abbiamo paura di piangere perché temiamo di apparire deboli. Abbiamo paura di arrabbiarci perché potremmo apparire insicuri, abbiamo paura di imbarazzarci perché potremmo apparire timidi ma così facendo non onoriamo le nostre emozioni che sono la nostra identità. E finiamo per perdere la possibilità di comprendere cosa c’e dietro le nostre emozioni. Mi dimentico di dare un senso a ciò che vivo e alla fine mi sento sempre più distante da me stesso. Oggi ho scoperto che tutte le emozioni hanno uguale diritto di cittadinanza dentro me stesso e che è possibile ascoltarle e recuperare un senso più profondo di ogni cosa.